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Errani su decreto protezione civile: possibile ricorso alla Corte Costituzionale

Errani su decreto protezione civile: possibile ricorso alla Corte Costituzionale

Il decreto di riforma della protezione civile è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale ed entra in vigore a partire da oggi. Nei giorni scorsi avevamo inviato a Vasco Errani, Presidente della Conferenza Regioni e Provincie Autonome, alcune domande a riguardo. Le risposte ci sono pervenute oggi. Abbiamo deciso di pubblicare ugualmente l'intervista, poiché non perde di attualità.
Giovedi 17 Maggio 2012 - Attualità -
Nei giorni scorsi, dopo che il CDM aveva approvato il decreto di riforma della protezione civile  (30 aprile u.s.) e lo stesso era ancora al vaglio della Presidenza della Repubblica avevamo sottoposto alcune domande a  Vasco Errani, Presidente della Conferenza Regioni e Provincie Autonome. Le risposte ci sono arrivate oggi. Abbiamo deciso di pubblicare ugualmente l'intervista. La ragione è che la sostanza del contenuto non perde di attualità. Il tema del metodo resta intatto, cosi come le possibili reazioni a questo decreto.

Presidente Errani, sul metodo il Governo non ha recepito le istanze di Regioni e Enti locali che propendevano per un disegno di legge e ha scelto la via del decreto. La forma è sostanza. Lei secondo un'agenzia (Ansa 30 aprile) avrebbe dichiarato che quello del Governo è stato un blitz inaccettabile. Si è incrinata quella che sembrava un'intesa sul metodo tra il sistema delle autonomie locali e il governo su questo tema?
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Sono state proprio le Regioni ad invocare una riforma della Legge 10 del 2011 che consentisse di razionalizzare e valorizzare il ruolo della Protezione Civile. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che serve una gestione flessibile ma oculata della fase di emergenza, nella certezza che il modello della Protezione Civile italiana abbia però sviluppato una esperienza ed una capacità di intervento che non possono e non devono essere minate. Certamente occorre superare una modalità che in passato ha portato ad utilizzare la Protezione Civile anche in frangenti non propri, come grandi eventi o importanti manifestazioni. Ci ha però stupito l'iniziativa unilaterale del Governo di procedere ad un riordino senza una approfondita concertazione con le Regioni e con le Autonomie locali e con lo strumento del decreto legge".


Ci sono margini di manovra prima del varo definitivo? Quali?

"Mi auguro di sì, anche se procedere con decreto legge significa partire da una situazione predefinita e cogente, su cui poi i necessari interventi non possono che essere fatti a posteriori. Monitoreremo attentamente l'iter parlamentare di conversione del decreto legge; nel frattempo, Regioni ed Autonomie locali hanno già offerto al Governo e alle Forze parlamentari un documento di proposte condivise che se fossero recepite permetterebbero una maggiore efficacia riformatrice. Intanto accogliamo con favore il fatto che il decreto non sia stato ancora sottoposto alla firma del Presidente della Repubblica per la necessità di modificarlo prevedendo la facoltà per il Presidente del Consiglio di delegare la responsabilità per la Protezione Civile oltre che al Ministro per l'Interno anche al Sottosegretario di Stato, Segretario del Consiglio dei Ministri. E' un primo passo, ma occorrerà farne altri. Non appena sarà disponibile il testo definitivo del decreto legge lo esamineremo nella Conferenza delle Regioni con l'obiettivo di contemperare le esigenze di sostenibilità finanziaria dell'intero sistema con la necessità della massima chiarezza possibile nel modello di governance prescelto, partendo però da un dato incontrovertibile: l'esigenza di sviluppare radicati sistemi di protezione civile regionali".

Secondo Lei in cosa il Governo ha ravvisato gli elementi di urgenza e indifferibilità propri dello strumento decreto?
"E' una domanda che va, evidentemente, rivolta al Governo. Il timore è che si sia scelta questa strada esclusivamente sulla base di un progetto di forte riduzione degli investimenti destinati alla Protezione Civile. Su una questione però voglio essere molto chiaro. Le Regioni non mettono in discussione il tema della definizione/limitazione della durata della fase di emergenza, ma pongono l'accento su due nodi cruciali. Il primo è quello legato alla diversità/gravità delle emergenze. Il secondo è invece collegato al tema della gestione della ricostruzione. Di fronte alle situazioni che si riferiscono ad emergenze nazionali non è pensabile di lasciare Regioni ed Autonomie locali da sole. Detto ciò, come ho accennato, condividiamo la necessità di superare meccanismi, adottati in passato, che non hanno nulla a che fare con la dichiarazione dello stato di emergenza e che sono servite semplicemente ad agire in deroga alle procedure ordinarie. Eclatante, sotto questo profilo, è stato il caso della organizzazione del G8".

Secondo le nostre fonti alcuni temi importanti, da emendare secondo il documento uscito dalla conferenza unificata del 19 aprile scorso, sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto alla bozza governativa del 13 aprile. Partiamo dalla delega esclusiva al Ministro dell'interno, perché voi insistete sul no alla delega?
"A nostro avviso è importante che la Protezione Civile sia incardinata o quanto meno abbia un raccordo con la Presidenza del Consiglio. Per questo, come dicevo, è importante la decisione del Consiglio dei Ministri dell'11 maggio di prevedere una delega anche per il Sottosegretario alla Presidenza. Il timore è che si snaturi un modello che funziona e che in questi anni si è arricchito di importanti esperienze sul territorio. E' certamente importante il coinvolgimento delle Prefetture, già realizzatosi in passato, ma non credo se ne possa fare il perno del futuro sistema di Protezione Civile, anche perché non sempre questi Enti sono forniti dei necessari mezzi strumentali e ancor più raramente hanno una disponibilità in termini di risorse economiche. C'è il rischio insomma che la procedura diventi più lenta e più farraginosa di quella attuale con rimbalzi di competenze e una scarsa definizione delle responsabilità finali. Non vorrei che al termine del processo si finisca poi per tornare a scaricare tutto, magari in modo non coordinato, alle Regioni e agli Enti locali. Fino ad oggi la "filiera" dell'intervento di Protezione Civile ha funzionato secondo una scala di responsabilità istituzionale che partendo dal Dipartimento finivano per investire le Regioni prima e gli Enti locali poi. Basti pensare all'attivazione delle colonne mobili, fondamentale nella fase di primo intervento".

Anche gran parte del volontariato ha espresso riserve sulla bozza del Governo del 13 aprile, in particolare della delega al Ministro dell'interno. Secondo Lei questo riordino avrà ripercussioni sul volontariato? Quali?
"Mi auguro di no, ma ho il timore che, se non ci sarà una concertazione forte con le Regioni, i Comuni e le Province, possano esserci conseguenze che vanno assolutamente evitate. Sarà fondamentale che risulti ben chiaro, ad esempio, a quali livelli istituzionali fa riferimento il mondo del volontariato. Non vorrei che toccando l'attuale architettura possano derivarne situazioni di in gestibilità".

La durata dello stato di emergenza non va oltre i 100 giorni, ovvero la fase acuta dell'emergenza. Cosa succede nei territori colpiti da una catastrofe, da un evento di tipo C, il 101° giorno? Tutto sulle spalle di Regioni, Comuni e Province?
"E' questo, come ho accennato, uno dei temi centrali. Mi pare che il Governo abbia compreso l'importanza delle nostre ragioni e che possa essere controproducente il "paletto" dei 100 giorni. Mi pare che ora ci sia un orientamento più morbido che porta a considerare questo limite come quello che "di regola" deve essere osservato. Credo che il buon senso debba spingersi a considerare, caso per caso, l'entità delle calamità naturali o delle diverse situazioni di emergenza. Resta poi fondamentale il tema della ricostruzione post-emergenza. Anche in questo caso occorre ragionare di fronte alla gravità dei fenomeni, al grado di distruzione e alle conseguenze strutturali e ambientali subite. E' evidente che di fronte ad una emergenza nazionale che ha richiesto una risposta corale da parte di tutte le Istituzioni, anche nella fase di ricostruzione c'è necessità di una reazione del "sistema paese" che chiaramente non può essere scaricata solo sulle Autonomie locali".

Infine, qualora il decreto venisse varato definitivamente cosa farete?
"Prima di tutto credo che il disegno di legge di conversione del decreto dovrà essere sottoposto al parere della Conferenza Unificata. In quella sede, dopo aver valutato attentamente il testo del provvedimento, formuleremo le nostre proposte e i necessari emendamenti che mi auguro possano essere recepiti nel corso dell'iter parlamentare. Credo che sia un auspicio condivisibile perché non sarebbe certamente positivo esporre il sistema della Protezione Civile a rischio di un possibile contenzioso di fronte alla Corte Costituzionale".

Luca Calzolari

Fonte: Il Giornale della Protezione Civile

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